venerdì 23 giugno 2017

Tommaso Romano, "Elogio della Distinzione" (Ed. Thule)

di Marcello Falletti di Villafalletto

Il fecondo e competente Autore nella Premessa, puntualizza come scrivere e pubblicare “un libro come questo è sempre un rischio e un azzardo” e più avanti, evidenziandone lo scopo, aggiunge: «L’obiettivo del testo è indicare ciò che è considerato inattuale e scorretto rispetto ai tempi che viviamo, propriamente per sottolineare la sempre permanente concezione di Aristocrazia, Cavalleria, Nobiltà, intesi come segno e consapevolezza di Stile, per una risvegliata coscienza d’affinamento e qualificazione del soggetto, di Distinzione appunto, rispetto a tutto ciò che è, invece, conforme, standardizzato, massificato nel singolo e nel processo abbrutente informe come drammaticamente avviene nella società del nostro tempo». Dobbiamo riconoscere quanto non abbia torto e, allo stesso tempo, sappia cogliere quasi tutti gli aspetti antropologici e sociologici che osserviamo ogni giorno, rispetto ad una società che idealizza e strumentalizza sempre di più valori e concetti che, continuano invece ad adagiarla, per non dire a seppellirla, in una forma di narcotizzazione totale e generale.  
Sono cambiati i tempi o gli uomini? Verrebbe da chiedersi! La modesta conclusione sarebbe quella di affermare umilmente: tutti e due! Eppure pare strano e controverso come l’uomo moderno, quello del secolo Ventunesimo, che dimostra di aver raggiunto vette inspiegabili, abbia modificato profondamente il senso di giudizio, quello obiettivo di considerare ancora ciò che è valore, quello che è merito e quanto possa esistere di negativo dentro se stesso e nei confronti degli altri. Sembrerebbe che i parametri di giudizio e di raffronto siano scomparsi; annullati in un qualunquismo che viene paventato per uguaglianza che non si avvicina per niente al senso di fratellanza e dove tutto dovrebbe essere posto sopra una bilancia che pende inesorabilmente da una parte e verso l’altra senza alcuna ragione, senza nessuna motivazione o ponderazione interiore. Verrebbe da pensare che l’uomo in generale sia sottoposto ad una narcotizzazione costante che lo rende sopito, adagiato e demotivato a risvegliarsi da un sonno che, a lungo andare, potrebbe annientarlo.
Scrive Publio Ovidio Nasone – (43 a. C. -18ca d. C.) – poeta latino, letterato di successo nato a Sulmona (AQ): «Laudamus veteres, sed nostris utimur annis, / Mos tamen est aeque dignus uterque coli», lodiamo pure gli uomini del passato, ma viviamo ugualmente la vita dei nostri giorni; tanto i costumi antichi come quelli moderni sono ugualmente degni di rispetto ma non dobbiamo però dimenticarci degli insegnamenti che da questi ci provengono. In mezzo a tanti ammaestramenti avremmo bisogno di riscoprirne non solamente il valore ma anche saperne e discernere il reale merito, che il più delle volte sfugge, lasciando spazio sì a quelli nuovi ma se sappiamo crearne alcuni attuali, dovremmo rivalutare anche quelli trasmessici da un passato che invece cerchiamo di abbandonare come non fosse mai esistito o, peggio ancora, facendo del revisionismo inutile, che talvolta sembra più ispirato da preconcetti, demagogie o per paura di sembrare obsoleti. Il nostro stimato Autore si è posto sicuramente non soltanto questi interrogativi e li ha sviscerati, presentandoli con una chiarezza disarmante e, allo stesso tempo, cogliendone quegli aspetti che si vorrebbero far passare per superati; per non dire da cancellare dalla mente dell’uomo razionale e pensante.
Se “la dignità è di tutti e per tutti”, prosegue Tommaso Romano, dobbiamo inequivocabilmente «Tornare all’equilibrio e all’equità vera, alla sostanzialità del linguaggio, come ha insegnato Attilio Mordini, sono fonti necessarie per ristabilire e ridare qualità e organicità al corpo sociale, rivalutando, vivificandole, le naturali gerarchie dalla dimensione asfittica che viviamo, piuttosto che isterilire del tutto, in una prospettiva virtuosa di miglioramento, realmente aperta, facendoci uscire, se solo lo si decidesse, dall’uniforme e non divenendo pedine forse inconsapevoli, strumenti di “élite” oligarchiche e dirigiste che impongono e orientano gusti, opinioni, costumi, mode, oltre che l’economia, la politica e lo stesso diritto, in nome di una astratta e falsa libertà». Ci trova totalmente d’accordo, il carissimo Tommaso, senza essere eccessivamente retorici e tantomeno pedanti.
Il volume corposamente sostanziato nella parte del Florilegio, trova culmine e riscontro nel Saggio di Amadeo-Martin Rey y Cabieses. Avvalendosi della elevata forma stilistica ed espressiva che, da sempre, contraddistingue il nostro Autore siciliano, si completa nella elegante e suggestiva veste editoriale, in parte in bianco e nero, nell’altra a colori, dove fra diversi Enti e Associazioni che hanno concesso il Patrocinio Morale, figura anche il simbolo della nostra antica Accademia Collegio e un mio breve pensiero sull’argomento.

Vogliamo rassicurare il carissimo amico Tommaso Romano che il paventato rischio non solamente ha fatto perdere efficacia all’azzardo paventato, ma ha abbattuto tutti quegli assurdi preconcetti che, riuscendo a essere camuffati da attualità, rendono l’uomo dei nostri tempi sempre più schiavo di se stesso e di quel voler essere diverso, scadendo invece in qualunquismo che sembrerebbe più deleterio che produttore di progresso e cultura. Quindi, per terminare con parole semplici: ottimo lavoro! Ci auguriamo, ora, che possa contribuire a rifare l’uomo dei nostri tempi.

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